Vai al contenuto
Home » Blog » Progetti scuole » Progetto Judo – Educazione – Scuola

Progetto Judo – Educazione – Scuola

La vitalità di un bambino ha in sé anche una componente che definiamo “aggressività”: essa è una forza al servizio della vita, che soltanto in determinate condizioni ha effetti distruttivi, i quali si manifestano soprattutto se chi la vive non ha avuto modo di imparare a gestirla e orientarla.

Educare a governare tale forza, senza né rifiutarla né esserne preda è compito fondamentale di ogni progetto educativo di sviluppo della personalità ed evoluzione delle qualità umane.

Un bambino che abbia rinunciato a qualsiasi espressione di “aggressività” si è privato di una fondamentale risorsa  per affrontare e sopportare le difficoltà, confidando in una convinzione totalmente illusoria che molti adulti condividono: che sia cioè possibile controllare fino a reprimere totalmente gli impulsi ritenuti  sconvenienti  dalla società oltre a negare le emozioni che li muovono.

Questo atteggiamento in realtà non elimina dalla nostra vita le difficoltà derivanti dai giudizi negativi nei nostri confronti, ma al contrario ci abitua a NON FIDARCI del nostro sentire, a considerare sia le emozioni che il corpo come un nemico e a non imparare mai a dialogare con la forza aggressiva che  è dentro di noi, il che non la rende meno “pericolosa”.

In generale “tenere a bada il corpo”, le sue espressioni fisiche, il bisogno fisiologico di movimento, rinunciare ad “utilizzare” con competenza  e sviluppare la propria fisicità, è ne più né meno che la prima norma richiesta o imposta ad ogni bambino dai sei anni in su che frequenti la scuola: gli si chiede infatti di stare semplicemente molte ore di seguito seduto e fermo dentro un banco.

Ci lamentiamo poi di ragazzi obesi, apatici, rinunciatari, fragili psicologicamente e fisicamente, oppure al contrario indisciplinati, incontrollabili, iperattivi, incapaci di concentrarsi anche per poco.

Due facce della stessa medaglia: si sono infatti enormemente ridotte le opportunità di sperimentarsi, incontrarsi, evolvere, imparare a governarsi sul piano anche corporeo o psico-fisico, ad eccezione delle discipline praticate a livello agonistico, che, lungi dall’avere come scopo prioritario lo sviluppo armonico della personalità del bambino, spingono spesso l’acceleratore su alcune particolari abilità, sull’ambizione personale e sulla competizione, che se in giusta dose stimolano la crescita, in eccesso ostacolano invece l’equilibrio emotivo.

Queste le premesse che hanno portato a realizzare una sperimentazione nella scuola elementare e media
per verificare gli effetti della pratica del JUDO sullo sviluppo complessivo della personalità del bambino, intesa come percezione  di sé e del proprio posto nel mondo, come stabilità, autostima, capacità intellettiva ed espressiva anche nelle relazioni interpersonali.

L’ipotesi che la pratica del JUDO – considerato per le sue caratteristiche di disciplina in grado di educare alla gestione dello spazio, della propria forza  e del proprio corpo nel perseguimento degli obbiettivi soprattutto nella RELAZIONE CON L’ALTRO – potesse avere un effetto sugli aspetti Psico – emotivi e relazionali della vita del bambino sopra citati, è stata verificata tramite la somministrazione, prima e dopo l’esperienza, di due test proiettivi: il disegno dell’albero e quello della figura umana.

Dalla comparazione dei test, eseguiti da circa  cinquanta bambini di 3° e 4° elementare e ventidue bambini di 1° media, sono emersi dati a dir poco incoraggianti; infatti nel 60% circa dei casi  si rilevano nei test compiuti alla fine dell’esperienza
significativi cambiamenti riguardo ai seguenti aspetti, qui sinteticamente citati  e che potranno essere sviluppati in sede di approfondimento.

L’aspetto più immediatamente evidente è dato dalla notevole crescita della sicurezza e fiducia in sé stessi, visibile nel modo in cui viene utilizzato lo spazio disponibile: i disegni occupano uno spazio maggiore e un posto più centrale nel foglio, il tratto di matita o colore è più deciso, sono presenti particolari espressivi attraverso cui il bambino ha il piacere e il coraggio di manifestare qualcosa di sé.

L’altro aspetto fondamentale riguardante la percezione e padronanza di sé e della realtà circostante è legato al fatto che nel secondo disegno compaiono particolari significativi dell’albero e/o della figura umana assenti nel primo, come per esempio radici, rami, foglie e fiori, oppure le gambe, i piedi o parti del volto come le orecchie o i capelli.

In alcuni casi la figura è tratteggiata nel primo e nel secondo disegno come se fossero passati due o tre anni e non poche settimane fra l’uno e l’altro, nel senso che le proporzioni fra le diverse parti, la sicurezza del tratto, la sensazione di movimento della figura umana si sono enormemente evoluti.
Spesso sia l’albero che la figura umana, mancanti di parti fondamentali come per esempio i piedi o le radici nel primo test si sono completati nel secondo.

Sovente l’evoluzione del bambino testimoniata da uno dei test è confermata nell’altro.

Fra gli alunni delle scuole elementari i disegni sono stati anche messi in relazione con i giudizi sintetici dati dalle insegnanti sui bambini: da questo tipo di analisi è emerso che i bambini che hanno tratto maggiore  giovamento dall’esperienza sono stati quelli nei quali le insegnanti segnalavano maggiori difficoltà sia sul piano del carattere e relazioni interpersonali sia su quello dei risultati scolastici.

Le immagini dei disegni che seguono, dove si possono confrontare il 1° e il 2° test eseguiti dallo stesso bambino, sono un piccolo esempio, (facilmente percepibile anche per chi non è così esperto di sviluppo infantile e di test proiettivi) dei cambiamenti intercorsi grazie all’esperienza fatta.

Naturalmente quello che si può percepire è l’effetto di un piccolo seme che è stato gettato e indica soltanto la  possibile direzione di un adeguato intervento educativo, che va continuato nel tempo, monitorando l’evoluzione del bambino sia attraverso  strumenti come quelli già usati sia attraverso l’osservazione  del suo comportamento.

Comunque quello che si è potuto dimostrare è che, indipendentemente dalle cause del disagio di un bambino e anche dalla loro conoscenza (non si è indagato infatti in questo senso) è possibile offrire al bambino stesso strumenti di crescita che gli consentano di trovare una sufficiente fiducia in sé stesso, stabilità, sicurezza e capacità di gestirsi sul piano psico-fisico e relazionale, tali da permettere il superamento di eventuali disagi, non perché se ne rimuova la causa (cosa molto difficile quando si tratta di situazioni familiari complesse, che non si può avere la pretesa di modificare), ma perché il bambino ha maggiori risorse personali e comunicative per trovare comunque un equilibrio nella propria vita.

La scuola, come lo sport non hanno finalità “terapeutiche” ma hanno il compito di favorire e sviluppare nell’essere umano capacità che lo rendano in grado di affrontare le sfide della vita, siano esse interiori, dovute a condizioni affettive e/o emotive, siano ostacoli posti dall’ambiente esterno.

La scuola, come lo sport non hanno finalità “terapeutiche” ma hanno il compito di favorire e sviluppare nell’essere umano capacità che lo rendano in grado di affrontare le sfide della vita, siano esse interiori, dovute a condizioni affettive e/o emotive, siano ostacoli posti dall’ambiente esterno.

E’ dovere della società far vivere i bambini in ambienti dove le loro potenzialità, anche quelle concernenti la conoscenza pratica e il governo del corpo nella relazione con l’altro, possono essere sviluppate e non al contrario completamente bloccate e inibite.

Nessuno, tanto meno un bambino, può vivere a prescindere dal corpo i cui bisogni fondamentali non sono solo cibo e sonno, ma anche movimento e acquisizione di competenza nel movimento. Ritengo che proprio in questa potenzialità del movimento che può esprimere non solo forza ma anche autoconsapevolezza e un’infinta gamma di atti comunicativi, sta la possibilità di una vera e completa educazione.

Ma…chi educherà gli educatori?

Lascia un commento