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L’Esprit du Judo n°5 (Ottobre-Novembre 2006)

Fare judo con persone amiche è un piacere. Il lavoro sulla tecnica naturalmente è vitale per essere un buon Judoka.

Per poter durare a lungo nel judo è importante non farsi male, si potrà avere una chance per diventare un grande Judoka solo se non ci si fa male al corpo e naturalmente non si danneggia il corpo dei propri partners compagni di pratica.

Questo vuol dire lavorare per raggiungere una buona qualità tecnica: è molto importante non distruggere il corpo! Altrimenti tutto finisce prima di aver cominciato.

Successivamente quando si è lavorato in modo corretto qualcosa (in termini di studio) passa  fino a che il judo diventa un libero modo d’esprimersi.

Ma per essere un grande Judoka bisogna capire che il Judo comincia fuori dal Tatami.

Molti lo hanno detto prima di me, il Judo è una scuola di vita.

Che cosa vuol dire questo?

Bisogna domandarsi quali erano le ragioni per cui Jigoro Kano (1860 – 1938) fondatore del Judo, lo ha ideato, conoscere quindi le sue origini marziali, il vero spirito del Judo.

Bisogna imparare a utilizzare il Judo nella propria vita (intendo dire: “Seiryoku zen’yo” o applicare i principi del Judo – minimo sforzo massimo rendimento – nella quotidianità).

Nella mia figura di Maestro di Judo ai miei ragazzi non utilizzo mai la parola “Atleta”, preferisco usare il termine Judoista oppure “Judoka”(con questo, intendo dire, che ciò che conta è la formazione dell’uomo), è a questo che penso, quando insegno il Judo ai Bambini, agli Adolescenti in modo tale che il mio lavoro d’insegnante, di Maestro di Judo, miri ad un obiettivo, vale a dire quello di renderli efficaci nel Judo ma soprattutto un giorno uomini migliori proprio grazie a questa pratica.

Approfondire il Judo è anche: continuare a migliorarsi sempre nella pratica nell’intento di comprendere come i principi in esso presenti, possono esserci utili durante tutta la lunghezza della nostra vita.

E’ mia profonda convinzione, che uno dei motivi forse quello principale, perciò si smette di praticare dipende da un fatto: vale a dire quello di non aver compreso il senso profondo di questa pratica il vero scopo del Judo e come questo possa aiutarci nella nostra vita.

Lo Sport (il judo nella sua accezione sportiva) è sicuramente un buon mezzo di promozione della disciplina tra i giovani, e, lo “Shiai” rappresenta una esperienza interessante che simbolizza il combattimento reale e ci consente di controllare le nostre emozioni, ci aiuta a mantenere la mente calma, ma va detto con chiarezza che questo è un esercizio del Judo e non come molti credono lo scopo finale del Judo.

Un Judoka è qualcuno che pratica il judo per tutta la vita.

1. Dai 13 ai 19 anni, è necessario fare un grande lavoro d’apprendimento delle basi tecniche del Judo (Kata – Studio della forma, intendo dire anche la forma delle tecniche – Randori – Studio del combattimento libero, e, degli esercizi propedeutici ad esso ecc…)

2. In seguito è importante approfittare di una buona dose di “Randori” (per progredire velocemente nell’efficacia del combattimento libero inteso come studio, sia nel “Dojo”, che nello “Shiai” ovvero in una gara sportiva ufficiale).

3. Più tardi, è importante, approfondire di più i “Kata” che rappresentano un po’ la grammatica del Judo: si tratta solo di cambiare le percentuali di pratica dei vari esercizi che il Judo propone.

Io credo che anche un uomo come David Douillet, che ha sicuramente fatto molto allenamento (un grande lavoro sia sul corpo sia sull’apprendimento della tecnica per la gara sportiva) non deve smettere la sua pratica, poiché in fin dei conti è ancora giovane.

Il Judo ha bisogno di uomini adulti maturi, esperti (il Judo non deve arrestarsi con la competizione sportiva) che continuano ad approfondire, il combattimento che propone la vita è molto diverso da quello della competizione, imprevedibile, talvolta senza regole, senza arbitro senza gong finale.

Una espressione in giapponese, suona come: “Yoi no kishin” tale frase si utilizza per indicare l’atteggiamento mentale, lo spirito che dovrebbe avere l’uomo in generale, ma restando nel nostro tema, un Judoista in posizione di “shizentai”.

Fu proprio il Sig. Awazu (nel 1997 durante lo stage degli alti gradi della FFJDA in Corsica) che mi spiegò che “Yoi no kishin” significa: “Essere pronti a qualsiasi cosa, non importa che”.

Chi realmente riesce attraverso il Judo migliorarsi e affrontare tutte le difficoltà che la vita propone senza esserne turbati, quello è un Judoka realmente forte.

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